Laghi, argini, ponti e dighe

Mantova e i laghi tra il 1400 e il 1500

Mantova e i laghi nel 1866

Diga Chasseloup nel 1814
Diga Chasseloup nel 1866

Fossa Magistrale

L’evoluzione del Ponte dei Mulini

L’evoluzione del Ponte di San Giorgio

I laghi e l’inondazione del Paiolo

I laghi e l’inondazione del Paiolo, periodo di pace

I laghi e l’inondazione del Paiolo, apertura delle dighe

I laghi e l’inondazione del Paiolo, stato d’assedio

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Descrizione

Le prime opere realizzate dall’uomo furono probabilmente arginature a scopo di difesa idraulica e ponti che permettevano di superare i bacini e gli acquitrini. Le prime erano anticamente conformate in sola terra mentre i secondi erano realizzati in legno con i ritti direttamente infissi sul fondo dei bacini. Le modalità costruttive derivavano dalle tecniche già romane ed erano favorite da fondali relativamente bassi e dalla corrente modesta tipica degli specchi paludosi.
Dopo l’anno Mille alcune porzioni dei ponti esistenti in legno furono sostituiti da rilevati in terra nei tratti prossimi alle rive riducendo sempre più la porzione lignea bisognosa di continue manutenzioni.
I rilevati erano formati con terre argillose ben costipate, in caso di esposizione alla corrente la fondazione poteva prevedere la realizzazione di palificazioni in legno, raramente gli argini venivano rivestiti.
Il ponte dei Mulini svolveva la duplice funzione di ponte e di diga, esso infatti sostiene tuttora il dislivello di circa 3 metri tra la quota del lago Superiore e quella del lago di Mezzo e del basso Mincio ed è dotato di scaricatore (detto Vaso di Porto). A metà del tracciato, dalla fine del Trecento, era presente la cosiddetta “Rotta”, una coronella in terra realizzata per riparare la breccia causata dall’onda di piena dovuta al cedimento del ponte Visconteo di Valeggio sul Mincio nel contesto della guerra tra i Gonzaga e i Visconti. Difeso dalla cinquecentesca e ben munita Cittadella era ritenuto tradizionalmente il passaggio più sicuro al punto che sul tracciato del ponte erano presenti i mulini (da cui lo stesso prende il nome) che sfruttavano il salto dell’acqua. Nel tratto che ospitava i mulini il ponte era coperto, al centro era presente la carreggiata di transito riparata da una copertura lignea, sul lato di monte erano presenti magazzini a servizio dei mulini che si trovavano sul lato di valle. Pesantemente danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale è stato successivamente rettificato e riconfigurato nel tracciato con la demolizione dei mulini e della copertura.
Il ponte di san Giorgio era l’unico realizzato quasi interamente in muratura dalla rocchetta di San Giorgio fino alla riva opposta presso il castello, una successione di massicce arcate in mattoni che sostenevano il piano stradale oltre il quale i muri del parapetto proseguivano per sorreggere la copertura lignea. Non trattandosi di un’opera di sostegno, le arcate favorivano il deflusso della corrente in tempo di piena lungo tutta la sezione del bacino. Esso era dotato di torre e di ponte levatoio che serviva sia come elemento difensivo sia per permettere il passaggio delle imbarcazioni. Negli anni Venti del Novecento per le esigenze legate alla circolazione il ponte fu interrato e sostituito da un rilevato in terra di sezione maggiore e in luogo del ponte levatoio fu costruito il ponte in ferro tuttora esistente.
La diga Chasseloup (oggi conosciuta come diga Masetti) concepita durante il governo francese doveva servire da sostegno delle acque del lago di Mezzo e del lago Inferiore per favorirne la regolarità della quota rispetto ai periodi di magra e di piena del fiume. Munita di scaricatore e di conca di navigazione partiva dalle fortificazioni del Migliaretto per raggiungere la sponda opposta in località Cipata ove doveva nascere un forte a testa di ponte. La sorte della diga Chasseloup per molti anni fu legata ai progetti e alle elaborazioni rivolte alla difesa idraulica di Mantova e alla navigazione del Mincio.
Tra gli argini e sostegni più importanti vi erano quello di Pradella, Cerese, Pietole e Walsegg realizzati in terra, più volte riattati nel corso dei secoli la cui funzione era ancora una volta da leggersi nel connubio tra esigenze di difesa idraulica e di difesa militare.

Principali vicende storiche

Per Mantova le paludose acque del Mincio hanno da sempre assunto un ruolo unico e significativo assegnandole quell’aspetto di città d’acqua che nei secoli le ha conferito fama di città invincibile e fortezza inespugnabile.
Già nell’antichità il Mincio sfociava in Po seguendo un percorso sostanzialmente simile a quello attuale che, sino alla fine del XII secolo, in corrispondenza della città di Mantova diramava alla propria destra un tratto che si ricongiungeva al corso principale davanti a Pietole Vecchia, formando un anello di acque definenti un’isola occupata dalla città, fino al 1190, nella sola parte nord-orientale. La suddivisione in quattro distinti bacini (i laghi Superiore, di Mezzo, Inferiore e di Paiolo) è, come detto, tradizionalmente datata a partire dalla fine del XII secolo, quando si palesò l’essenziale necessità di un’adeguata regimazione del corso del fiume per poter disporre di regolari vie di comunicazione e approntare la difesa contro attacchi nemici. Assetto attribuito al progetto dell’ingegnere bergamasco Alberto Pitentino, che determinò la realizzazione, in particolare, del grande bacino a monte del centro abitato, il lago Superiore, sostenuto dagli argini di Pradella e dei Mulini, del canale artificiale Rio e probabilmente la costruzione in muratura del ponte di San Giorgio che, assieme a quello dei Mulini, collegava la città al territorio circostante.
Si definiva così quel sistema lacustre caratterizzato dai laghi Superiore, di Mezzo, Inferiore e del Paiolo che, assieme agli argini, alle dighe e ai ponti di Pradella, dei Mulini, di San Giorgio e di Cerese, alla fine del XIV secolo fu perfezionato con la realizzazione del cosidetto “sostegno” di Governolo, concepito inizialmente forse come un semplice fornice o restringimento di alveo di Mincio, aggiornato in forma di chiusa a due luci, che permise di innalzare le acque defluenti in Po e conseguentemente regolare a quote più alte il livello del Mincio e dei laghi di Mezzo e Inferiore. Un sistema aggiornato nei secoli, che affidò Mantova, capitale dei domini gonzagheschi, a una struttura di difesa “passiva”, ovvero affidata alle lente e paludose acque del Mincio.
Quando all’inizio del XVIII secolo, con l’annessione all’impero asburgico, Mantova fu riconosciuta quale principale fortezza per la difesa dei territori imperiali dell’Italia settentrionale, il particolare ruolo difensivo da sempre attribuitole per la sua particolare configurazione geografica assunse un significato del tutto inedito. A metà del XVIII secolo l’ingegnere ufficiale Nicolò Baschiera scriveva: «(…) li laghi che la circondano l’hanno fatta considerare come la più forte Piazza dell’Italia; ordunque essendo l’acqua la sua principale difesa, è d’una indispensabile necessità l’esaminarla e con un ben ponderato criterio dedurne a quanto possa estendersi quella difesa (…)». L’ampio e articolato dibattito che caratterizzò tutto il secolo si concluse di fatto con la conservazione e il perfezionamento del sistema difensivo esistente privilegiando la regolamentazione delle acque, naturale e caratteristica forza difensiva di questa fortezza, ritenuta indispensabile per la gestione e il controllo del territorio e presupposto fondamentale per il mantenimento di un’adeguata efficienza militare.
All’inizio del XIX secolo, il Genio napoleonico conferì alla città un assetto difensivo pressoché definitivo: furono progettate e in parte realizzate complesse e moderne opere di fortificazione, concepite in stretta relazione e connessione con il sistema idraulico che da sempre la caratterizzava. La regimentazione delle acque fu, infatti, ritenuta la chiave fondamentale per risolvere, oltre alle annose problematiche igienico-sanitarie connesse all’insalubrità dell’aria, che si riteneva causata dal clima e dalle variazioni di quota che il Mincio subiva nel corso dell’anno, le questioni connesse alle mutate necessità difensive. Il nuovo piano prevedeva di conferire alle acque, che circondavano la città, un regime e un livello costanti e l’assetto di guerra ipotizzava Mantova come un’isola fluviale, circondata dai laghi Superiore, di Mezzo e Inferiore e dal bacino di Paiolo, che già gli austriaci avevano cercato di bonificare riservandosi, però, la possibilità di poterlo ripristinare per necessità difensive, e che avrebbe dovuto coprire l’intero fronte sud-occidentale della fortezza, estendendosi fino all’abitato di Pietole, regolato per mezzo di una nuova diga da addossarsi all’antica strada per Pietole. Un’altra diga (diga Chasseloup, oggi Masetti) avrebbe invece costituito lo sbarramento del lago Inferiore in sostituzione della conca e del sostegno di Governolo troppo distanti dalla città, innalzando la quota dei laghi di Mezzo ed Inferiore ad un livello costante. Un piano che avrebbe conferito a Mantova l’assetto di una moderna piazzaforte posta al centro di un esteso e complesso sistema idraulico, completato, modificato e integrato nel corso del XIX secolo dagli ingegneri militari asburgici quando la città assieme a Peschiera, Verona e Legnago divenne cardine del Quadrilatero.
Nel 1866, l’annessione del Mantovano al Regno d’Italia, lo spostamento dei confini, le nuove esigenze territoriali e i nuovi orientamenti nella difesa nazionale, determinarono il progressivo esaurimento della funzione militare della città e del suo territorio che si tradusse nella progressiva dismissione e demolizione di molte delle opere di difesa realizzate. Dalla fine del XIX secolo, infatti, le pretese esigenze della città moderna furono il pretesto per l’abbattimento di porte urbane, la demolizione di mura e forti esterni, che, assieme alla definitiva bonifica dei terreni della valle di Paiolo, frantumarono e cancellarono l’immagine della città d’acqua e della città fortezza fluviale che aveva a lungo caratterizzato il disegno di questo territorio.

  • Classificazione Tipologica
    Argini, ponti e dighe
  • Progettisti
    Alberto Pitentino
    Ingegneri del genio militare asburgico e francese
  • Ubicazione

  • Stato di conservazione
    Tra le numerose opere che formavano il sistema idraulico si segnalano, in particolare, i laghi Superiore, di Mezzo e Inferiore, la diga-ponte dei Mulini, il ponte di San Giorgio e la diga-ponte Masetti (già Chasseloup).
  • Proprietà o Ente di riferimento
    Demanio dello Stato
  • Accessibilità
    Laghi navigabili, ponti e dighe percorribili
  • Destinazione d’uso attuale
    Le dighe-ponte dei Mulini e Masetti assolvono ancora la funzione di sostegno e regolamentazione delle acque.
  • Principali fonti bibliografiche
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